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Chiesa di Santa Maria Novella

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Come i Francescani si stabilirono nella Chiesa di Santa Croce così i Domenicani ottennero l’antica Chiesa di Santa Maria delle Vigne, così chiamata perché circondata appunto dalle vigne allora appena fuori dalla cinta muraria. Nel 1246 fu posta la prima pietra della nuova e più grande chiesa, da cui il nome appunto di Santa Maria Novella. Il progetto sembra sia opera di due frati domenicani, Fra’ Sisto da Firenze e Fra’Ristoro da Campi, con intervento successivo al campanile e al convento, situato a fianco della chiesa, da parte di Fra’ Iacopo Talenti. La mirabile facciata in marmo bianco e verde, completata nel 1470 sulla base di una prima parziale realizzazione trecentesca, è il capolavoro di uno dei maggiori esponenti del Rinascimento, Leon Battista Alberti.

Sulla facciata si trova anche un’armilla equinoziale e uno gnomone, opere del frate astronomo Ignazio Danti (che si cambiò il nome proprio in onore di Dante). In particolare, la sfera armillare, a mezzogiorno del 21 settembre, proietta un’ombra a forma di croce. Tali strumenti servirono per calcolare la discrepanza tra il Calendario Giuliano, ancora in uso all’epoca, e il vero anno solare, dando modo a Papa Gregorio XIII di stabilire il nuovo Calendario, detto appunto Gregoriano (quello in uso attualmente in Occidente), passando in una sola notte dal 4 al 15 ottobre del 1582.

L’architettura interna è in stile gotico cistercense disposta su tre navate con sei campate che via via si restringono andando verso l’altare dando l’idea di una maggior lunghezza della chiesa.
All’interno l’opera maggiore che si trova è sicuramente la Trinità di Masaccio, uno dei suoi più grandi capolavori, famosa per l’ardita prospettiva (dove forse mise mano anche il Brunelleschi) che fece dire al Vasari “Pare che sia bucato quel muro” (vi invitiamo a verificare, non rimarrete delusi). Nella Cappella Maggiore troverete un bellissimo ciclo di affreschi di Domenico Ghirlandaio, sulla Vita della Vergine e San Giovanni (a cui forse partecipò un giovane Michelangelo), mentre nella Cappella a destra della navata centrale potrete ammirare gli affreschi che hanno per oggetto la vita di San Filippo e San Giovanni Evangelista di un altro grande genio del Rinascimento, Filippino Lippi. Nella Cappella Gaddi a sinistra si trova invece il famoso Crocifisso che Brunelleschi scolpì in risposta al Cristo contadino di Donatello (conservato in Santa Croce). L’entrata al Museo si trova a sinistra della facciata ed è situato all’interno dell’antico convento domenicano di Santa Maria Novella. Il percorso si snoda prima lungo i chiostri, in particolare il meraviglioso Chiostro verde (così denominato per la terra verde di Siena utilizzata per i dipinti che vi si trovano), opera di Iacopo Talenti con gli affreschi relativi a Storie della Genesi di Paolo Uccello fra cui il celebre Diluvio Universale e L’ebbrezza di Noè,  famosi per le originali prospettive, tipiche del maestro, che pongono i soggetti in un mondo irreale. Gli affreschi furono gravemente danneggiati dall’alluvione del 1966, staccati, a lungo restaurati e ivi ricollocati.

Successivamente si passa alla Sala Capitolare o Cappellone degli Spagnoli, sempre opera di Iacopo Talenti. Il nome gli è stato dato nel 1566 quando Cosimo I, in onore della moglie Eleonora di Toledo, lo concesse in uso agli spagnoli per le loro funzioni religiose.  Gli affreschi del 1365-1367 sono di Andrea di Bonaiuto, che qui raffigura curiosamente la Cattedrale di Santa Maria del Fiore già con la cupola, come sarebbe stata solo diversi anni più tardi, e i domenicani, che tengono a bada il popolo, in forma di cani, così come il loro nome suggerisce (domini canes, ovvero cani del Signore).
La visita prosegue al Refettorio, il Chiostro Grande e la Cappella dei Papi, dove erano ubicati gli appartamenti dei Papi in visita a Firenze (particolarmente utilizzati durante il Concilio che si tenne a Firenze nel 1439). Mentre il Chiostro dei Morti, utilizzato come cimitero dai Domenicani, dove si trova la cappella funeraria della Famiglia Strozzi con affreschi di Andrea Orcagna, purtroppo non è visitabile (lo si può intravedere da una grata che dà su Piazza Stazione).
Usciti dal Museo vi consigliamo di dare un’occhiata alle nicchie (avelli) presenti già nella parte inferiore della facciata e che continuano anche dietro l’angolo, lungo Via degli Avelli, costeggiando il cimitero. In tali avelli vennero seppellite numerose personalità cittadine (nel terzo da destra c’è anche la sepoltura di Domenico Ghirlandaio). Come curiosità vi ricordiamo che in uno di tali avelli ha inizio il Decamerone di Bocaccio.

 
 
 
 
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